lunedì 28 gennaio 2013

Come Fermare il Declino del trasporto?


Pubblicato: Sab, 26/01/2013 - 16:30  •  da: Redazione di Fermare il Declino
Intervista a Carlo Stagnaro di Andrea Mozio da Ship2Shore
- La riforma della Legge 84/94, già considerata poco incisiva, è morta con l’attuale legislatura: quale è il programma di Fare/FID in proposito?
A quasi vent’anni dalla prima legge sui porti, il mondo economico, il sistema mondiale della produzione e due crisi finanziarie senza precedenti hanno ridisegnato completamente gli scenari. Qualsiasi ulteriore indugio sulla riscrittura della legge sui porti sarebbe un errore imperdonabile. Nella nuova legge sui porti si dovrebbe certamente dare risposta a tre temi fondamentali: 1) Governance delle Autorità Portuali e loro status giuridico; 2) superamento dei palesi conflitti di interesse interni al Comitato Portuale; 3) ridefinizione di tempi, modi e procedure di pianificazione urbanistica e infrastrutturale portuale e comunale, con particolare riferimento ai rapporti tra PRP e PUC.
- Quale in particolare l’idea sui temi più caldi: numero di autorità portuali; legame di queste con gli enti locali politici; funzioni e finanziamento delle stesse; servizi tecnico-nautici
Andare certamente verso un coordinamento di autorità portuali che siano riferibili ad un sistema economico territoriale omogeneo. Pensiamo ad esempio al coordinamento dei porti liguri, ormai necessario e irrinunciabile, e al già esistente coordinamento dei porti del Lazio. Peraltro sia per il venir meno delle risorse finanziarie pubbliche, a causa della crisi del debito italiano, sia per diminuire i centri di spesa la drastica diminuzione delle Autorità Portuali contribuirebbe, da un lato, ad accrescere i livelli di efficienza, dall’altro a diminuire il rischio di duplicazioni inutili dell’offerta infrastrutturale spesso dettate più da equilibri politici locali che da reali esigenze di mercato.
Dal punto di vista della regolazione della concorrenza e della gestione delle aree all’interno di un porto occorre che ci sia un’azione amministrativa omogenea relativamente a un unico mercato geografico rilevante, che, secondo le normali logiche economico/giuridiche dei traffici internazionali, è costituito da tutti i porti che sono sostituibili per gli operatori di traffico. È, per esempio, indubbio che i porti liguri, agli occhi delle grosse compagnie (Maersk, MSC, Cosco, Evergreen, China Shipping) sono considerati un unico porto. Analogamente si può dire di Trieste, Monfalcone e Venezia. Ecco: la riduzione del numero delle Autorità portuali è necessaria non solo per ridurre l’inefficienza interna ma, soprattutto, per garantire una regolazione uniforme agli operatori di traffico e, in sostanza, a dare certezza agli investimenti delle compagnie e dei grossi terminal operator.
Le autorità portuali dovrebbero diventare sempre più libere dalla politica per guadagnare sia in termini di efficacia nella gestione, che dovrebbe avvenire su base esclusivamente manageriale (reclutamento dei presidenti con bandi internazionali pubblici e non su terne politiche), che di eliminazione di un luogo aggiuntivo per le compensazioni/lotte politiche di livello locale/regionale.
Le AP del domani dovrebbero essere dei veri e propri CdA che puntino al risultato economico, pur tenendo ovviamente in considerazione anche le ricadute dirette e indirette, sulle realtà urbane delle città portuali. Certamente autonomia finanziaria commisurata ai volumi di traffico così che la selezione darwiniana delle AP inutili avvenga oltre che su base geo-economica anche e soprattutto sulla base di una reale capacità di attrarre nuovi flussi di traffico
Il punto fondamentale, tuttavia, è decidere quale ruolo deve avere l’Autorità portuale: Authority di regolazione o Amministrazione di promozione dei traffici. Nel primo caso, è necessario che l’Authority si configuri come regolatore indipendente (stile Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), nel secondo caso sarà opportuno privatizzare le Autorità portuali aderendo al modello manageriale attuato con successo in diversi porti del Nord Europa.
Per quanto riguarda i servizi tecnico nautici, essi soggiacciono alla disciplina dei servizi di interesse generale e quindi: libera iniziativa degli operatori fino a che il mercato non sia in grado di sostenere la prestazione del servizio. Per i servizi di movimentazione merci e di inoltro si dovrebbe aumentare la libera iniziativa dei terminalisti. Savona con l’acquisto dei suoi locomotori ha fatto scuola. Anche Trieste che ha recentemente consentito l’ingresso nel porto di Rail Cargo Austria ha dato un chiaro segno di apertura alla liberalizzazione dei servizi di interesse generale all’interno del porto.
- Confitarma temeva che le principali agevolazioni di cui fruisce – registro internazionale e tonnage tax – fossero ridimensionate dal Governo Monti, cosa che non è poi avvenuta: quale la linea di FID in proposito? Vi sono in programma iniziative mirate a favorire la bandiera italiana?
La crisi dei traffici sta mettendo in ginocchio la categoria dei comandanti italiani. Se nell’arco di 5 anni ciascun comandante non riesce a dimostrare di aver preso servizio effettivo per un numero minimo di ore la sua abilitazione (il patentino) perde di validità. Questo succede sia per i comandanti delle navi che per quelli degli yacht. Nel corso dell’ultimo anno e mezzo i nostri comandanti stanno perdendo moltissime quote di mercato. L’inasprimento dell’imposizione fiscale sui beni di lusso ha creato le condizioni per una fuga verso i nostri vicini della maggior parte degli yacht con conseguente perdita di posti di lavoro a favore di Francia, Croazia, Spagna, Cipro.
- Sportello unico doganale: come e in quanto tempo attivarlo? Come regolarsi con il contratto dei doganieri, una dei maggiori ostacoli all’efficienza delle dogane italiane?
Il tempo medio di resa di alcuni porti italiani supera gli 8 giorni a fronte di una media di 2-3 dei porti del nord, vanificando così l’accorciamento dei tempi di navigazione e i conseguenti costi di esercizio lungo le rotte tra il Mediterraneo e il Mare del Nord. La regolazione delle dogane necessita di una armonizzazione delle procedure affinché i porti italiani possano essere competitivi ed evitare che ci sia anche una concorrenza interna di tipo regolatoria. Questo non significa lasciare una totale assenza di controllo ma, semmai, adottare procedure conformi che da un lato garantiscano il rispetto di tempi di competitivi con il nord-Europa e dall’altro siano compatibili con il contratto collettivo dei doganieri.
- Unbundling fra Trenitalia e RFI si o no? in quanto tempo e in che modi procedereste?
RFI è già societariamente separata dalle società che erogano i servizi "a mercato", con le quali convive all'interno della stessa holding Ferrovie dello Stato Italiane. In virtù di questa separazione non solo formale, ma inefficace, le procedure per la separazione - per esempio per scissione - possono avvenire in tempi relativamente brevi, stimabili nell'ordine di pochi mesi. Naturalmente l'unbundling deve essere preceduto - o accompagnato - da una serie di riforme che rendano il mercato pienamente contendibile, in particolare con l'abrogazione o la correzione di tutte le norme a contenuto anticompetitivo (si pensi ai contratti di servizio per il trasporto regionale) che sono state denunciate a più riprese dallo stesso Garante della concorrenza.
- È possibile pensare ad una privatizzazione di Trenitalia o di sue parti (Trenitalia Cargo)?
La piena separazione proprietaria è la precondizione per procedere alla privatizzazione di Trenitalia. La privatizzazione può essere più efficace se prevede lo "spezzatino" di Trenitalia, in modo da accelerare il processo concorrenziale e rimuovere posizioni dominanti che possono essere, e sono state nel passato anche recente, fonte di abusi. La privatizzazione è allo stesso tempo funzionale proprio a questo processo: più i ruoli di regolatore e azionisti sono distinti e distanti, più si creano condizioni favorevoli all'investimento e alla concorrenza. Allo stesso modo i contratti di servizio pubblico vanno messi rapidamente a gara, con bandi che rendano possibile una vera contendibilità (e che per questo abbiano durata la più breve possibile). Ma, oltre alla separazione proprietaria, servono altre misure che consentano al mercato di evolvere in modo ordinato: in particolare, occorre dare vita il prima possibile all'Autorità dei Trasporti, conferendole reale indipendenza e recidendo ogni continuità con l'attuale regolatore (il Ministero dei Trasporti). Tale indipendenza sarebbe facilitata dall'individuazione di una sede diversa da Roma e limitando il personale "comandato" dal ministero.
- Quali la linea e i provvedimenti previsti in materia di operatori ferroviari privati e di organizzazione del trasporto pubblico locale?
Tanto i trasporti ferroviari quanto il trasporto pubblico locale devono essere pienamente liberalizzati, creando la possibilità per una concorrenza nel mercato dove possibile, per il mercato negli altri casi. Non vi è particolare evidenza di economie di scopo nella gestione dei trasporti su rotaia e di quelli urbani, quindi non si ritiene che debbano essere presi provvedimenti normativi con l'obiettivo di incentivare tale evoluzione. Anzi, è necessario vigilare contro la formazione di posizioni dominanti nell'uno o nell'altro mercato, specie se esse fanno aggio su un "sussidio incrociato" tra linee di business alcune delle quali gestite in regime di monopolio. Sarebbe buona norma ridurre la presenza pubblica in tutti i mercati.
- Partendo dall’assunto che autotrasporto e ferrovia spesso si integrano, ma più spesso competono, qual è la visione di FID sul rapporto fra le due modalità?
Il riequilibrio modale non potrà mai arrivare al 50-50. La flessibilità e l’economicità della gomma sulle tratte entro i 400-500 km è un dato di fatto. Il mercato italiano è sostanzialmente il mercato della pianura padana… quindi la gomma vincerà sempre. Si può cercare di favorire il ferro o sulle lunghe tratte, ma solo con grande efficienza del servizio, economicità e puntualità – tutte cose escluse dall’attuale divisione cargo – o favorendo per alcuni hub la creazione di servizi shuttle ferroviari che contribuiscano a togliere tir dalle autostrade e ad effettuare vicino al mercato tutte le operazioni doganali con vantaggi economici per gli operatori e per la collettività.
- Quali i programmi in materia di sussidio (nelle sue varie forme) alle varie modalità di trasporto?
Il trasporto è e deve essere un’attività liberalizzata. Un sussidio pubblico è essenzialmente un aiuto di Stato. E non si tratta di un’opinione ma di leggi che devono essere applicate. L’unico spazio per i sussidi è legittimo solo laddove non esista una effettiva offerta nel mercato e dove vi sia una ragione di interesse generale per supplire questa mancanza. La misura del sussidio (secondo i cosiddetti criteri Altmark), concesso solo previo espletamento di una procedura di gara, deve essere parametrata sul rientro dei costi e una normale remunerazione dell’investimento. Inoltre, prima di decidere l'erogazione di un sussidio è necessario che venga svolta una credibile analisi dei costi e dei benefici.
- Quale nello specifico l’idea in materia di ‘costi minimi’, rapporti fra autotrasporto e committenza, frammentazione del settore?
È importante garantire il pieno rispetto di tutte le norme, in particolare di quelle sulla sicurezza. Ma se viene creato un terreno concorrenziale equo, non vi è ragione per introdurre ulteriori vincoli normativi.
- Quali i programmi in materia di concessioni autostradali?
È essenziale definire un quadro regolatorio certo e razionale: il che, ancora una volta, ci porta al tema dell'Autorità dei Trasporti. Una volta individuato il soggetto regolatore - incaricato anche e soprattutto del monitoraggio sugli investimenti - le concessioni devono essere assegnate attraverso credibili procedure di gara, e avere durata la più breve possibile. In questo contesto gli investimenti vanno remunerati secondo schemi tariffari condivisi e razionali.
Quindi i principi sono: durata delle concessioni parametrata alla misura degli investimenti. La necessità di investimenti complementari reali può produrre un allungamento della concessione (sulla base dell’art. 61 della Direttiva 2004/18/CE) ed anche un aumento dei pedaggi (se il mercato li regge, considerata anche una recente sentenza del Tribunale dell’Unione europea che afferma come i pedaggi autostradali non siano da considerare una risorsa pubblica).
- Quali quelli in materia di interporti (altra legge morta prima di nascere con la fine della legislatura Monti)?
Come per le autorità portuali: pochi e dove servono, sia rispetto ai bacini di utenza, che all’incrocio intermodale delle infrastrutture da e per il nord Italia e il centro Europa. Anche in questo caso, non esiste un numero predefinito: tanti interporti quanti il mercato riesce a reggere. Per il centro e il sud Italia valga il discorso tra poche autorità portuali e i carichi di traffico o specifiche vocazioni commerciali: Gioia Tauro e Gaeta. Il primo hub sulle grandi direttrici di transhipment il secondo hub della catena del fresco riferita al mercato della capitale (5-6 milioni di abitanti)
- Autorità dei Trasporti: sarà riproposta? Con quali obiettivi/funzioni?
Il modello di riferimento dell'Autorità deiTtrasporti deve essere quello già identificato dalla norma che la istituisce - salvo poi aver fallito l'obiettivo di insediarla - cioè la Legge 481/95 già sperimentata con l'Autorità per l'energia. L'autonomia decisionale e finanziaria del regolatore deve essere piena. Ciò presuppone anche il reclutamento di personale in larga misura nuovo, possibilmente con esperienza internazionale, e la scelta di evitare ogni forma di continuità con l'attuale regolatore (il Ministero dei Trasporti). A tal fine è pure importante che l’Autorità venga localizzata in una città diversa da Roma.
Se si opta per la costituzione di un’Authority (davvero) indipendente dei trasporti, è, allora, indubbio che le attuali funzioni di regolazione delle Autorità portuali potrebbero perdere una loro ragion d’essere e sarebbe inevitabile propendere per un modello di Autorità portuale più volta alla promozione degli investimenti e all’attrazione dei traffici che alla regolazione del sistema.
- Contrattualistica del lavoro nei trasporti: il modello del contratto unico vigente in quasi tutti i settori è ritenuto efficiente? Come eventualmente modificarlo?
Il tema del lavoro nel porto non è diverso da quello del lavoro fuori dal porto: l’obiettivo è quello di introdurre la massima flessibilità, anche per facilitare l’aggiustamento di imprese la cui attività è estremamente sensibile agli andamenti del ciclo economico. Tale flessibilità deve essere bilanciata da un robusto intervento per creare unwelfare che aiuti i lavoratori nella transizione da un posto all’altro.

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