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Il dibattito politico, le primarie del Pd e l’autodafé del Pdl e Berlusconi oscurano sui media ogni attenzione sui temi dell’eurocrisi. E’ un errore. L’Italia si compiace del suo corridoio basso di spread. Come fosse acquisito per sempre. Come il debito pubblico non stesse ancora salendo, per effetto del mix sbagliato di politiche fiscali seguite da centrodestra e tecnici, in totale continuità e con cosneguente maggior perdita di Pil e reddito. L’Italia dovrebbe chiedere essa per prima gli aiuti europei secondo lo schema OMT varato da Draghi: sono totalmente d’accordo con l’analisi e la proposta di Luigi Zingales. E non mi persuade affatto il no di Monti alla proposta tedesca, avanzata al Consiglio europeo del 18 ottobre scorso. Il veto europeo ai bilanci nazionali è concetto che andrebbe appoggiato, non respinto. L’Italia stamane si sveglia sotto quota 300 di spread perché nell’immediato la Grecia si appresta al buyback da 10 miliardi di euro ai privati come richiesta dal FMI, e non viene penalizzata dal risoluto e confermato no tedesco al write down dei suoi titoli pubblici in pancia alle banche centrali europee se non quando sarà in avanzo primario (tra quanti anni, nessuno oggi può dirlo). Ma resta il fatto che gli spread sono scesi dacché i mercati pensano che Spagna e Italia alle brutte verrebbero salvate ricorrendo agli aiuti OMT che dobbiamo a Mario Draghi. Può essere benissimo che ai tedeschi faccia assai più comodo che nel frattempo Spagna e italia la tirino per le lunghe, così l’elettorato germanico non viene spazzolato da chi inizierebbe inevitabilmente a dire “ci risiamo con gli aiuti alle cicale del Sud”. Ma al contrario se l’Italia con Monti chiedesse gli aiuti inevitabilmente darebbe una mano al premier spagnolo Rajoy che esita per motivi di politica interna, e abbassaremmo ulteriormente gli spread abbassando il costo del capitale alle imprese e elle famiglie italiane. Metteremmo più in sicurezza la prossima legislatura, vincolandola a un sentiero di impegni precostituiti, e metteremmo alla prova l’eurocooperazione tedesca.
Allo stesso modo e per le stesse ragioni, se l’Italia davvero è imepgnata, come dice con Monti, per l’Unione politica e bancaria che oggi mancano, allora non si capisce il no che il 18 ottobre abbiamo opposto alla proposta di Schauble e Merkel di un veto europeo alle bozze di legge di bilancio dei Paesi membri. Era una proposta passibile di miglioramenti dal punto di vista tecnico, visto che un supercommissario ai bilanci diventerebbe sì il più potente tra le figure europee, e il veto automatico andrebbe condizionato a paletti molto chiari ex ante, in modo da evitare discrezionalità politiche a seconda del peso e del consenso dell’euromembro a cui applicare il veto. Per chi la pensa come me, per esempio, dovrebbe restare nella piena discrezionalità nazionale la scelta di come modulare le manovre, tra meno spesa e più imposte, perché è ovvio che io pensi che la più efficace sia la prima via, esattamente quella che l’Italia non pratica sotto sinistra, destra e tecnici.Ma è altrettanto e ancor più vero che chi si batte per un’Europa politica avrebbe dovuto dire sì ai tedeschi, nella loro prima proposta di una competenza sovranazionale “tecnica” sui saldi pubblici, distinta cioè dalla discrezionalità politica dell’asse Ecofin-Consiglio Europeo, che ha portato l’euroarea per otto anni a chiudere gli occhi sul moral hazard. Se mai staniamo i tedeschi sulla costruzione di un’Europa politica, perde ogni credito l’idea che è perseguiamo davvero tale meta.
Può essere benissimo che Monti non voglia chiedere gli aiuti per non figurare come un premier più arrendevole dei suoi predecessori, e che abbia detto no al diritto di veto sui bilanci per evitare di ipotecare la posizione del futuro governo italiano, che tornerà a essere politico. Ma in nessuno dei due casi mi sembra che la posizione assunta risponda davvero ai nostri interessi nazionali, nè a quelli comuni europei. peccato non se ne parli affatto, in Italia.
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