giovedì 20 dicembre 2012

L'incompiuta degli enti locali


Pubblicato: Mer, 19/12/2012 - 15:15  •  da: Oscar Giannino
Da Il Messaggero del 19 dicembre 2012
L'uomo è buono, ma tale può meglio diventarlo solo in grazia delle buone istituzioni, diceva Luigi Einaudi. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, due giorni fa si è sinceramente rammaricato come l'attuale legislatura, al suo convulso epilogo ormai, sia da considerare un'occasione perduta per grandi riforme organiche. Ha perfettamente ragione, e la conferma viene anche dagli ultimi fuochi che ardono in queste ore intorno all'ultimo grande provvedimento legislativo all'esame del Parlamento, la legge di stabilità.
Ieri il Pdl ha preso tempo, ed è evidente che l'approvazione diluita a Camera e Senato serva a portare avanti di qualche giorno o settimana la data delle elezioni. Ma ciò riguarda lo scontro in atto tra Berlusconi da una parte - ieri tornato a dire che si candida - e l'eventualità che Monti assuma un'iniziativa politica nel campo moderato, dicendo no a Berlusconi stesso. Quanto alle riforme mancate, i punti salienti sono altri. Si prenda ad esempio l'accordo raggiunto sui minori tagli ai Comuni, rispetto a quelli originariamente proposti dall'esecutivo. A fronte di una richiesta dell'Anci di minori tagli per 250 milioni, avanzata sotto la minaccia di "dimissioni in massa" dei sindaci italiani, governo e parlamento hanno trovato un'intesa per 150 milioni di ulteriori risorse da destinare alla riduzione dei tagli per i Municipi. Già nelle settimane scorse si era convenuto per minori tagli ai Comuni per 250 milioni, ora salgono a 400.
L'allentamento del Patto di stabilità interno per gli enti locali sale da 1,250 a 1,4 miliardi: 200 milioni per le Province e 1,2 miliardi per i Comuni, rispetto agli 800 che inizialmente erano previsti, venti milioni ai Comuni che hanno adottato bilanci più trasparenti, 180 milioni a quelli fino a 5mila abitanti e 600 milioni per tutti i Comuni. Roma, secondo il sindaco Alemanno, recupererebbe da sola 40 milioni.
Si può dire che sia un bene, rispetto alla falcidie che in questi anni è stata riservata ai trasferimenti agli enti locali, e in primis ai Comuni ai quali spetta l'offerta di servizi essenziali che sono più vicini ai bisogni comuni dei cittadini, dalla manutenzione stradale all'assistenza, dai trasporti urbani al sociai housing attraverso gli ex Iacp da loro controllati. Eppure, ancora una volta, quel che avviene nelle aule parlamentari ormai distratte dalle elezioni è cosa assai diversa da quel che sarebbe stata auspicabile. Nell'intrico di sovrapposte competenze, concorrenti ed esclusive,tra Stato ed Autonomie, è dai tempi dell'approvazione a stretta maggioranza di queldisastro che si è rivelato il Titolo V della Costituzione, che occorre ben altro che un diuturno braccio di ferro sulle risorse finanziarie tra Roma, Regioni, Province e Comuni. Quel che serve è una visione organica delle competenze esclusive da attribuire a ciascuno, e la definizione di risorse e di autonomia finanziaria adeguate al loro espletamento. Un intervento complessivo che metta alle spalle la conflittualità esasperante delle mille impugnative incrociate davanti alla Corte costituzionale moltiplicatesi in questi anni. E che scelga con chiarezza uno dei diversi modelli europei, tra quelli affermatisi con maggior efficienza di servizi, trasparenza della spesa e rigore nel suo contenimento. In modo che sia il più possibile rispettato l'einaudiano principio del beneficio, quello per il quale meglio si spende il denaro pubblicoquanto più decisione e modalità di offerta del servizio o del bene pubblico avvengonovicino agli occhi del contribuente dalla cui tasca proviene il gettito.
In questi anni, e soprattutto nell'ultimo anno di governo tecnico a maggioranza estesa e di emergenza, era legittimo e giusto sperare che un intervento organico di questo tipo potesse avvenire. Personalmente sono sostenitore di un modello svizzero, ad alta concorrenza fiscale interna tra Comuni e Cantoni, e ad altissima partecipazione dal basso. Sfido chiunque a dire che in Svizzera i servizi pubblici non funzionano, a decine di punti di pressione fiscale in meno che da noi. Penso che le Province andrebbero abolite, mentre sotto il governo Monti è sfumata in extremis anche la possibilità di tagliarne assai discutibilmente - qualche decina lasciando in piedi le altre. E penso altresì che le Regioni attuali, onerosissimi centri di spesa, dovrebbero lasciare il posto a Macroregioni dotate solo di poteri d'indirizzo, e non di gestione. Ma altri modelli di riferimento esistono, e sono altrettanto legittimi, da quello ipercentralistico francese a quello germanico.
In tutti i casi e qualunque sia il modello al quale guardare, il punto centrale è chiarirsi le idee sulle funzioni da affidare al livello più basso, quello dei Comuni. Oggi come oggi, dopo i tagli degli anni alle nostre spalle, e non avendo mosso passi decisi verso l'accorpamento diciamo di almeno la metà degli 8100 Comuni esistenti, è praticamente impossibile credere che il piccolo Municipio da 1500 abitanti abbia le risorse e la possibilità di offrire in scala gli stessi servizi e funzioni svolti da Roma Capitale o da Milano. Eppure, viviamo in un contesto istituzionale che propone esattamente questa finzione. Con l'amara realtà di migliaia di sindaci di piccoli Municipi, che svolgono il loro incarico per poche centinaia di euro, ormai assolutamente impossibilitati a dare risposte adeguate alle domande rivolte loro da tantissimi italiani a basso reddito, duramente colpiti nel reddito e patrimonio in questo 2012 come mai dal dopoguerra. E senza risorse neppure per l'ordinaria manutenzione dei beni pubblici loro affidati, né per pagare i fornitori o per realizzare piccole opere. Bisognerà aspettare ancora anni e la prossima legislatura, se nascerà con buone premesse che sono mancate a questa. Aveva ragione Einaudi. Un Paese le cui istituzioni degradano, alla fine loro malgrado rende peggiori anche gli uomini che ne sono cittadini.

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