Sarebbe un grave errore relegare la vicenda Saipem nelle pagine economiche dei giornali, trattandola come un incidente di percorso, grave quanto si vuole, ma non diverso da altri che succedono in giro per il mondo
La società di servizi all'industria petrolifera, controllata da ENI, è sembrata passare negli scorsi due giorni attraverso la classica tempesta perfetta. Già sotto accusa per presunte tangenti pagate nell'ambito dei suoi rapporti con Sonatrach, il gigante dell'energia controllato dallo stato algerino, Saipem ha vissuto due shock. Il primo consistente nella perdita di oltre un terzo del proprio valore di mercato a seguito dell'annuncio da parte del management sia di minori utili per il 2012 che di un ribasso drammatico delle aspettative di profitto per il 2013 (decurtate di circa la metà). La notizia, oltre che inattesa, ha gettato una luce sinistra sulla gestione precedente a quella del nuovo amministratore delegato, Umberto Vergine, il quale ha implicitamente messo sotto accusa l'accuratezza dei conti del suo predecessore, Pietro Franco Tali, già indagato per le tangenti algerine.
Il secondo é legato alla vendita, 24 ore prima della revisione al ribasso delle stime, del 2,3% del pacchetto azionario di Saipem da parte di un "misterioso investitore". Naturalmente si può trattare di una mera coincidenza legata ai segnali negativi che già emergevano rispetto alle prospettive della controllata di ENI. Oppure, siamo di fronte ad un caso eclatante di insider trading, commesso grazie alla fuoriuscita di informazioni sensibili prima che esse venissero divulgate al mercato. Purtroppo, se questa ipotesi si rivelasse vera, le informazioni potrebbero essere transitate attraverso un componente infedele del nuovo gruppo dirigenziale, ingenerando così una ridda di sospetti e tensioni.
La giustizia farà il suo corso, ovviamente, e in caso di comportamenti illegali le sanzioni sono molto pesanti: fino a 12 anni di reclusione, confisca del profitto e addirittura sanzioni che possono arrivare a 10 volte il profitto stesso oltre che multe salate alle società di appartenenza dei rei. Chi ha comprato le azioni, sempre in caso di illecito, potrà inoltre richiedere la restituzione del prezzo e gli ulteriori danni. Ancor oggi, peraltro, pare incredibile che qualcuno abbia pensato veramente di farla franca ponendo in essere un'operazione così vistosa: preghiamo si tratti di un caso fortuito.
Ma la questione non é solo penale. Purtroppo l'Italia sta ripiombando in una spirale di sfiducia da parte dei mercati finanziari ingenerata dallo scandalo MPS a dall'incertezza politica dovuta alle imminenti elezioni. Già l'anno scorso l'affaire Fondiaria e il dramma dell'ILVA avevano dato l'impressione di un paese che alterna impunità a misure draconiane che, le si giudichi o meno legittime, creano sconcerto. Le notizie di fondi internazionali che stano riducendo l'esposizione del loro portafoglio verso il Belpaese, infatti, ormai si accavallano quasi giornalmente.
Quando si scoperchia qualche malefatta, d'altronde, i tribunali ci mettono anni prima di arrivare a conclusioni definitive e spesso i colpevoli la fanno franca: ci sono forse notizie se qualcuno dei numerosi protagonisti degli scandali di ormai 8 anni fa che coinvolsero Banca Popolare di Lodi, Rcs, BNL, Unipol stia scontando pene detentive? Non mi sembra.
Non abbiamo certo il monopolio degli scandali finanziari, ci mancherebbe.Tuttavia, negli altri paesi, almeno, la giustizia fa abbastanza rapidamente il suo corso ed anche quelli che fino al giorno prima erano dei mammasantissima scontano lunghi periodi nei penitenziari locali.
Ci sono rimedi a breve termine? No, perché l'inefficienza del sistema giudiziario, l'inefficacia dei controlli (siano essi di chi presidia l'ambiente o di chi vigila banche e mercato borsistico) nonché l'intreccio tra politica e affari, non si rimedieranno in un lampo. Aiuterebbe tuttavia un sussulto di amor patrio da parte delle forze politiche che in questo momento se la danno di santa ragione nell'arena elettorale. Facciano la loro parte impegnandosi a far uscire la politica da banche e società quotate entro tre anni, ad esempio. Non sarà questo che farà salire di nuovo le quotazioni di Saipem, ma almeno verrà dato quel segnale forte di presa di responsabilità da parte della classe dirigente del paese che imprese e risparmiatori attendono con impazienza.
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