giovedì 22 novembre 2012

Bersani dà solo un numero: quello del contocorrente


Mancano pochi giorni alle primarie del centrosinistra. Il favorito è Pier Luigi Bersani, ma poco si sa del programma con cui si candida a governare l’Italia per i prossimi cinque anni. Sfogliando le pagine del programma non c’è una cifra. Per non rischiare di scriverne sbagliati, Bersani non ha messo neppure i numeri delle pagine. È vero che molti punti del programma -  “Europa”, “Uguaglianza”, “Sapere” – sono talmente vaghi che possono essere descritti solo con frasi ad effetto: «Solo superando le disuguaglianze di genere sarà possibile ricostruire il Paese», «l’Italia cresce solo quando Sud e Nord scelgono di avanzare assieme», «Crediamo nel valore universalistico della formazione»e altre amenità del genere.
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Anche in televisione Bersani ha pronunciato solo frasi generiche, di quelle che si sentono al bar tra un cornetto ed un cappuccino. Sui nuovi poveri ha detto che «bisogna trovare un po’ di soldi per questa gente», sulla spesa pubblica che «bisogna avere un po’ di slargo a livello europeo» e sullo sviluppo che «il punto di fondo è dare un po’ di lavoro». Nessuna parola sul come. A chi gli chiede dove pensa di recuperare i soldi risponde che basta «la faccia di uno che dice “mai più un condono”» per avere alcuni miliardi di entrate in più e che bisogna «caricare un po’ di più sui grandi patrimoni immobiliari». Tante parole ma nessun numero, vuoto totale.
Si dirà che in televisione è difficile parlare di aliquote, scaglioni, percentuali, medie e mediane, si corre il rischio di far annoiare il pubblico. Chi vuole approfondire può sempre leggere il programma sul sito internet di Bersani. Ed è proprio qui, nero su bianco, che il vuoto si manifesta in tutta la sua assenza. Il manifesto dell’uomo di Bettola, che passa per esser un tipo concreto, parte con un «Non crediamo all’ottimismo delle favole». E proprio per restare realisti Bersani promette «rigore e cambiamento, risanamento e crescita, ma con più equità, più lavoro, più uguaglianza». Ma non basta: «la grandezza e la tragedia del ‘900 in Europa è rappresentabile con una sola parola: pace». Più pace per tutti.
Vada per pace, giustizia e solidarietà, ma nessuno – nemmeno Nichi Vendola ce l’ha fatta – può scrivere un programma che parli di lavoro, tasse e sviluppo senza un numero. Bersani è il primo ad esserci riuscito. Sul fronte della spesa dice che bisogna «ridurre il finanziamento pubblico» e che «la politica deve ridurre i suoi costi», ma non c’è scritto cosa e di quanto debba essere tagliato. Sul lavoro il segretario del Pd proclama: «Ridisegneremo il sistema fiscale e alleggeriremo il prelievo sul lavoro e sull’impresa», poi «politiche fiscali a sostegno dell’occupazione femminile» e per concludere «le piccole e medie imprese hanno bisogno di più forza». Non si sa se la forza verrà da riduzioni fiscali o da uno zabajone, non si capisce da dove piovano i soldi per le nuove spese, a quanto ammonti la nuova patrimoniale e chi verrebbe colpito. Solo chiacchiere e nessun numero. Anzi no, in fondo al documento, a pagina 15, appaiono le prime cifre: sono le coordinate del conto corrente per le donazioni.

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